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– Hereafter – 2011 – ♥♥♥ e 1\2 –

di

Clint Eastwood

Fare un film che parla di morte e soprattutto che indaghi il mondo sconosciuto che potrebbe essercì aldilà dalla vita è sicuramente rischioso. Lo è perchè dozzine di film lo hanno già fatto, salendo sul loro personale pulpito e raccontandoci bizzarre teorie religiose o paranormali, oppure introducendo all’ interno del film con prepotenza presenze imponenti o inspiegabili allo scopo primario di sbalordire lo spettatore o terrorizzarlo. Clint Eastwood, restando coerente a quello che finora è stato il suo modo di intendere il cinema, preferisce non utilizzare tutti questi elementi, e soffermarsi  su ciò che maggiormente sembra importargli : il significato emotivo che sta dietro agli esseri umani che, prima o poi, inevitabilmente si troveranno ad affrontare il misterioso argomento della morte. Ed è proprio sotto questo aspetto che Hereafter dovrebbe essere maggiormente analizzato. Perchè, anche se il suo inizio tragico e condito da effetti speciali non perfetti, ma che vogliono aver lo scopo di comunicare quelli che sono i presupposti di una storia che verrà dopo, ci potrà sembrare un pò troppo “fracassone” è il contatto emotivo e interiore che i protagonisti avranno con la materia della storia a predominare. La linea narrativa usata da Eastwood e dal suo sceneggiatore Peter Morgan è quella che è tanto cara al Guillermo Arriaga di Babel e 21 Grammi, e cioè quel tipo di sceneggiatura che sfrutta storie indipendenti, che hanno luogo in differenti location e che viaggiano apparentemente su binari autonomi per poi confluire insieme anche per un breve istante. Matt Damon offre probabilmente quella che è la sua migliore interpretazione nel portare in scena un personaggio che vive la drammaticità della sua solitudine in maniera interiore e privata, incapace di portare avanti quello che per chiunque rappresenta un dono, ma che invece per lui è una condanna. Non risulta quindi mai sopra le righe, ma il suo personaggio è costantemente moderato, pronto a spiccare non per le sue qualità visibili ma per la propria interiorità emotiva. Damon riesce, in definitiva, a compiere ciò che per un attore è maggiormente difficile: comunicare l’ interiorità di un personaggio non attraverso le parole o i dialoghi ma grazie ai suoi silenzi e al suo lavoro corporeo. Il tema quindi è profondo e decisamente serio a tal punto che il rischio di essere banalizzato è sempre dietro la porta. L’ ottantunenne regista americano, che sicuramente pensa molto a questo argomento, è decisamente distante dalle varie concezioni religiosi che invitano gli uomini a non aver paura della morte e pone l’ intero argomento sotto la speranzosa ala del contatto umano. Utilizza drammi che fanno parte dell’ attualità mondiale ( lo Tsunami e le tragedie naturali, così come gli atti terroristici) come pretesto per far vivere ai suoi personaggi l’ inquietudine e il pathos originato da un trauma pesante che sconvolge in modo prepotente la vita umana. E la speranza che Eastwood ci racconta risiede solamente nel contatto. Quella possibilità che esiste in natura di poter arginare la sofferenza causata da un trauma, l’ angoscia provocata dalla morte di un nostro caro o ancor più la paura di ciò che ci attenderà dopo la vita. Una possibilità, che spesso è difficile da trovare, ma che se trovata con coloro che veramente suonano le nostre stesse corde e ascoltano le nostre stesse frequenze può risultare salvifica. E’ un invito, quello di Eastwood, a non restare paralizzati e immobili in attesa di un futuro o un aldilà che possa essere migliore come sembrano volerci rivelare le religioni, ma che vorrebbe spingerci ad essere attivi, continuare a stabilire contatti umani con la nostra immaginazione e la nostra vita. Ce lo rivela in una semplice, quanto poetica e intensa sequenza finale nella quale sembra esser racchiusa l’ intera morale di questo suo film. Non sarà di certo il suo miglior film, ma è di certo un’ altra importantissima opera di un regista ultraottantenne che mai sembra volersi rassegnare all’ immobilità ma che è sempre spinto a dare una nuova forma a ciò che lui ama di più: fare cinema.

( Non è facile stabilire un contatto...)

(... Ma a volte può essere più facile del previsto)

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