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Archive for 2 marzo 2010

– Invictus – 2010 – ♥♥♥ e 1\2 –

di

Clint Eastwood

Utilizzare lo sport come mezzo di riconciliazione tra bianchi e neri. Questo è quello che il neoeletto presidente Nelson Mandela fece per il Sudafrica. Clint Eastwood, noto per l’ attenzione nell’ avvicinare due parti opposte (vedi le due etnie di Gran Torino o i pregiudizi sulle differenze tra uomo e donna di Million Dollar Baby), coglie al balzo l’ occasione data dalla storia di Francois Pienaar, capitano della squadra Sudafricana di Rugby, e il presidente Mandela alleati per la vittoria del mondiale di Rugby del 1995. Utilizzando come spunto per la sceneggiatura il libro di John Carlin “Playing the Enemy”, Eastwood cerca di legare le vicende storico-politiche di un presidente che ha cambiato la storia del popolo sudafricano a quelle sportive. Lo fa però con una minore riuscita artistica rispetto agli ultimi suoi eccellenti lavori che ponevano proprio questo obiettivo di riconciliazione come qualcosa di estrememamente difficile e irrealizzabile. E forse tutto questo è dovuto al fatto che il tema di Nelson Mandela era di sicuro più caro al protagonista Morgan Freeman, che sognava da anni di interpretarne il ruolo ( vantando anche una notevole somiglianza con il leader sudafricano), che allo stesso Eastwood. Infatti la parte prettamente biografica del film è, in maniera abbastanza evidente costruita in maniera fin troppo schematica, preoccupandosi maggiormente di far apparire un Mandela fin troppo sicuro di sè ed esemplare. I nemici e i detrattori del presidente sono messi in secondo piano, così come tutti gli ostacoli che Mandela ha dovuto affrontare per raggiungere il suo ambito scopo di “One Team, One Nation”. Di conseguenza tutti i piccoli problemi anche personali che Mandela aveva passano in secondo piano con il solo scopo di dar luce all’ emozione delle sequenze conclusive  della finale contro gli All Blacks. Sono proprio queste sequenze, girate interamente con l’ ausilio di steadicam che forniscono il dinamismo e il coinvolgimento necessario alle sequenze del gioco del rugby, che finiscono per essere il vero fulcro di Invictus. Allo stesso tempo questa scelta di coinvolgere lo spettatore solo attraverso tali scene toglie quella profondità di coinvolgimento alla quale Eastwood ci aveva abituato in precedenza nei suoi film. Ne derivano: un’ immagine di Nelson Mandela un pò pietrificata e bloccata nell’ icona di Morgan Freeman e nelle parole  coinvolgenti, da lui più volte pronunciate, tratte dalla poesia di William Ernest Henley. La Storia personale di un grande personaggio viene quindi semplificata da Eastwood a favore di una idealizzazione in grande stile che ha il suo culmine nelle spettacolari sequenze finali della partita, nei montaggi rallentati e nei giochi di sguardi, un pò alla Sergio Leone, ai quali il quasi ottantenne regista è del tutto abituato. Negli States c’è chi ha inneggiato al paragone tra questo Freeman-Mandela e il presidente Obama, ignorando però che Eastwood è un repubblicano convinto ma forse diverso da molti suoi compagni di partito perchè comunque spinto dall’ ambizione della riconciliazione tra le due parti. Egli attende, infatti, che Obama lo convinca anche se non lo ha votato e forse è quello che ha pensato del suo Mandela. Eastwood avrebbe voluto essere convinto ed essere coinvolto maggiormente da questa sceneggiatura su Mandela, questo desiderio però si intende bene che non è in pieno realizzato. Risulta quindi un Invictus sorretto dalla più che ottima interpretazione di Matt Damon (candidato all’ oscar ) e che è invincibile più per la sua prova corale e il gioco di squadra di tutti gli attori che per il tocco indiscusso di un grande regista dei nostri tempi.

( Il Sogno di Nelson Mandela)

(Lo Sport contro l' Apartheid)

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